Giornata internazionale parto a domicilio E così sei venuta alla luce: manco il tempo di togliere il pigiama!

Scritto da Ostetriche Oasi il 20/06/2020

IMG_20200618_084100

Scritto da Pietro, papà di Nicola e Amelia.

Domenica mattina, ottima scelta, facendoti un po’ attendere, come si conviene. Dopo il sabato passato in riva a un fiume, a dirti: tranquilla puoi arrivare, tranquilla c’è spazio. A dirci: tranquilli può arrivare, c’è spazio.

Carmen mi sveglia. Domenica mattina. Presto. Ci dev’essere una buona ragione. C’è. Ci siamo.

7:30, come per Nicola, ma il cronometro e la faccia di Carmen dicono che siamo partiti spediti. Si attiva la catena di comando, come nelle maxiemergenze in protezione civile: chiamiamo Gisella e la nonna (di Nicola, non di Gisella).

Sveglio Nicola, lo porto sotto con me. Tutti a due in pigiama. Tutti a due un po’ stralunati. Lo piazzo sul seggiolone, ma senza il tavolo, già spostato per far posto alla piscina. Gli do un bicchiere di latte d’avena, mentre inizio ad armeggiare con la piscina. Si spaventa per il rumore delle pompa e si mette a piangere. Gli chiedo di fare il tifo per me ed il pianto diventa un non troppo convinto “forza papà”. Grazie, lo apprezzo.

Arriva la nonna. Gli consegno il pupo. In pigiama e senza scarpe. Salgo e scendo le scale alcune volte per recuperare tutto l’occorrente, mi inciampo, abbastanza forte da farmi sanguinare un piede. Ovviamente ho il buon gusto di non lamentarmi ad alta voce, perché di sopra Carmen si sta preparando a qualcosa di leggermente più doloroso. La nonna in veste di mamma chiede se può salire a dare un bacio alla sua bambina. E’ difficile rifiutare un gesto d’amore, ma so che non è il momento. Ai baci ci penserò io.

Arriva Gisella, la faccio entrare, lei era in lista, mi sento un buttafuori senza fisico, né cattiveria.

Gise sta con Carmen mentre io inizio a riempire la piscina. Non sono un ostetrico. ma mi sa che a sto giro tocca correre, con il buon proposito di non allagare di nuovo il bagno. Oscuro tutte le finestre con dei teli. Non ce lo siamo detto, ma sono sicuro che Carmen gradirà che il soggiorno diventi una tana.

Tra una cosa e l’altra salgo a farle qualche coccola, per cavalcare insieme le contrazioni, con massaggi e carezze. Il ritmo è già molto intenso, Carmen non si sente di scendere le scale. Ma sotto ormai ho preparato la piscina, me lo deve! Più che altro c’è l’acqua calda, di cui avrà bisogno. “Ti ci porto io, non ti preoccupare”. Aspettiamo la contrazione, il gemito, la contorsione del corpo e il respiro che torna normale. Via di sotto. Abbiamo meno di un minuto per una rampa di scale. I meccanici di formula 1 cambiano 4 gomme in 6 secondi, ce la possiamo fare. Ce la facciamo, appena in tempo. Carmen non si muove veloce come una monoposto.

Si inginocchia sul tappeto, appoggiata al divano. E le contrazioni si fanno già davvero intense. Io credo che stiamo andando alla grande, Gisella conferma, negli occhi di Carmen il terrore che debba durare tutto come l’altra volta, ma a questa intensità da gran finale.

Sente di dover spingere. Chiede il permesso a Gisella, perché le pare ancora troppo presto. A me chiede di coprire il tappeto, perché lo abbiamo comprato da 10 giorni e pare brutto rischiare di inondarlo con le sue acque. Io ero già pronto con un telo, ormai sono un professionista.

Gisella fa appena in tempo a darle un’occhiata, giusto per confermare che il suo corpo si sta già preparando al gran finale. “Non ce la faccio ad entrare in acqua” “ma ti farebbe piacere essere in acqua” “Si” “Ti ci mettiamo noi, non ti preoccupare”. Prendiamo il tempo ed entrate in vasca. Ancora una dentro l’altra. Mi chiedo come facciano gli altri a raggiungere l’ospedale e la sala parto, quando già la vasca al piano di sotto sembra un’impresa!

Ok, Carmen, sei nella tua tana, sei nella tua acqua, bella calda come volevi, puoi lasciarla andare.

Arriva pure Noemi, l’altra ostetrica, e arrivano le spinte, è chiaro che ci siamo, anche se Carmen ha ancora in mente che se tutto è iniziato alla stessa ora, tutto deve finire alla stessa ora di Nicola. Fortunatamente si sbaglia, le spinte durano mezz’ora, non altre 13!

Vi stringo, cantiamo, per te Amelia, possiamo già chiamarti per nome, perché già ce l’hai.

Sei pronta, siamo pronti, eccoti. Piccola mia. Tutta stropicciata. Le 9:24 del 24-9.

Mamma Carmen, papà Pietro e Amelia ai loro primi sguardi.

Carmen dice che assomigli allo zio Carlo. Senza offesa per lui, ma non è esattamente un complimento. Recupererai.. alla grande.

Ti accogliamo, ti culliamo nell’acqua, cantiamo per te le canzoni che conosci, che hanno accompagnato le nanne del tuo fratellino e la tua vita intrauterina.

Aspettiamo la tua sorella placenta, bellissima, la ringraziamo.

Carmen è pronta ad uscire dalla vasca, per i controlli, tu pure.

Siete entrambe in forma, così mentre la mamma si rimette in sesto posso tenerti un po’ sul mio petto, sulla mia pancia. Che privilegio. Sei già la mia bambina. Non hai ancora aperto gli occhi, ma io so già che a quegli occhi non potrò resistere. Non ho ancora sentito la tua voce, ma so già che quando dirai papà io non capirò più niente.

Cerchi un capezzolo, ma sei nel posto sbagliato, ti consegno a chi di dovere. E di piacere.

Noemi entusiasta ci fa vedere il cordone, che presenta una rarità, un doppio nodo, un gioco di prestigio che ricorda il simbolo dell’infinito. Un nodo perfetto, non tirato, non strozzato, che ha lasciato che ti arrivasse il nutrimento necessario. Una perfetta metafora del legame che speriamo possa nascere tra noi. Stretto, ma non troppo. Unico, ma naturale.

Il nodo di funicolo al cordone di Amelia, era allentato e non ha creato nessun problema nè nella sua vita intrauterina nè nella nascita

La prima poppata, il primo spuntino. Già, si sta facendo quasi ora di pranzo! Io sono ancora in pigiama, ma in freezer ci sono delle melanzane alla parmigiana che attendevano questa occasione. Spostiamo il tavolo vicino al divano, per lasciare comoda Carmen. Mangiamo e brindiamo. Alla tua, alla nostra.

Dopo pranzo Carmen, che stava già facendo finta di niente quasi sviene e si ricorda di aver partorito e di dover riposare un pochino. Noemi ti piazza così in fascia con me, stretta stretta. Sul mio cuore. Nel mio cuore. La nostra prima passeggiata.

Hai troppo sonno per affacciarti a guardarlo, ma li fuori c’è il mondo che ti aspetta, il sole che ti saluta.

Benvenuta Amelia.

Potrebbe interessarti...

Cosa vuol dire che una casa sa di nascita?

Quando un bambino nasce in casa, quello spazio non è più come prima. Spesso le famiglie ci raccontano che alcuni angoli o oggetti della casa assumono un significato diverso, restano impregnati dell'energia delle ore del travaglio, della nascita e dell'accoglimento del bambino. La casa diventa custode della forza di quei momenti e di quella potenza ci si può nutrire per molto tempo, anzi ... forse per sempre!