Lutto perinatale Lettera aperta di mamma Marta

Scritto da Ostetriche Oasi il 11/10/2023

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Questa è la mia storia, la mia personale esperienza di lutto perinatale. Un lutto che ti attraversa nel corpo, ti scava dentro, di cui purtroppo non se ne parla abbastanza.

In questo periodo ho trovato nuova vita nella scrittura e con queste righe voglio condividere ciò che ho vissuto e sto ancora vivendo perché sono in cammino.

A te che hai vissuto questa esperienza, a te che l’hai vista dall’esterno, a te che non la conosci, grazie per essere qui.

Una donna su quattro vive un lutto perinatale.

Io non lo sapevo finché quella donna su quattro sono stata io.

Cose che ho imparato e che mi stanno aiutando in questo percorso.

Costruire il mio rifugio.

L’ho fatto fin da subito istintivamente, mi sono ritagliata lo spazio e il tempo a me necessari e li ho protetti. Ho detto di no a persone che volevano vedermi, anche a distanza di tempo. Ho scelto con cura le persone che volevo realmente vicino con cui mi sentivo al sicuro per aprire il mio cuore, ho scelto le modalità, le tempistiche ed è stata la cosa migliore che potessi fare.

Scoprire che non ero sola.

Quante donne, quante famiglie hanno vissuto un lutto di questa portata? Moltissime, eppure non se ne parla abbastanza. Per me è stato fondamentale leggere storie che raccontano la stessa esperienza che ho vissuto, perchè ti fa sentire meno sola e meno sbagliata.

Amare il mio corpo.

La conoscenza del mio corpo e la consapevolezza della ciclicità femminile sono state fondamentali per affrontare il lutto. In questi momenti si potrebbe pensare “il mio corpo ha fallito” o vedere nelle mestruazioni successive alla gravidanza una sconfitta. Invece il nostro corpo è perfetto così com’è: ha accolto una vita, l’ha lasciata andare e continua ad essere qui con me nonostante tutto ciò che ha attraversato.

Illustrazione di Gilliam Eilidh O’Mara

Darmi il permesso di vivere tutte le emozioni.

Il lutto non è un percorso lineare: alcuni giorni sembrano andare meglio, altri invece ti riportano a sentire tutto il dolore. Non è semplice accettare un ventaglio di emozioni così ampio e intenso come rabbia, invidia, tristezza, dolore e delusione, ma fa parte del viaggio.

Vorrei soffermarmi sulla rabbia. Ho provato rabbia per le persone che non hanno saputo starmi vicino, rabbia nel vedere pancioni e passeggini pieni mentre io ero vuota; un sentimento che va accettato per quello che è, non reprimerlo, che sottolinea la perdita di una vita, di un sogno e di un progetto.

Darmi tempo.

Tempo per piangere, tempo per vivere tutte le fasi del lutto, tempo per guardare le ferite e con pazienza curarle. Ci vuole tempo e anche tanto coraggio.

Elaborare il lutto.

Dal latino elaborare: realizzare con fatica e cura. È un lavoro attivo, non basta aspettare passivamente, occorre mettere le mani in pasta, affondarle nel dolore per trasformarlo e dargli nuova vita. Sembra una contraddizione con quanto detto prima ma non lo è.

Un lavoro che si può fare con il sostegno degli affetti più cari e con professionisti dal cuore grande e lo sguardo gentile come l’ostetrica e la psicologa che ho incontrato.

Sentirmi madre.

Agli occhi della società si è madri solo quando i figli sono tangibili ma ho imparato che lo si è in molteplici forme: madri di progetti, di idee, madri di figli desiderati che non arrivano, madri di figli non nati, madri di figli presenti.

Ed io sono la mamma di Melchino.

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Ci vuol coraggio

Claudia, mamma di Marta e di creaturina scrive per celebrare il Baby Loss Awareness Day. Desidera portare la voce di quei genitori intangibili che non spingono passeggini e non vanno a recuperare i figli a scuola, ma sono comunque genitori.