Parto Un “uovo al palet” aspettando Camilla, storia di un accompagnamento al parto in ospedale

Scritto da Ostetriche Oasi il 27/06/2016

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E’ femmina. E’ Camilla. Ed è reale, cioè: è lì per terra, su un telo, certo tutta accartocciata ma è la cosa più bella che abbiamo mai visto. Calmi, lo sappiamo, dato che Camilla ha un fratello maggiore, il titolo di cosapiùbelladelmondo andrebbe diviso equamente, vero. Ma Andrea è nato con un taglio cesareo… e in Italia, o almeno a Cuneo, il papà non può entrare in sala operatoria, nonostante sia stato un taglio programmato perché Andrea era podalico.

E quindi ci concederete il lusso di lasciarci andare a un piccolo favoritismo dialettico, per omaggiare il finale dell’avventura che ci ha portato ad avere la nostra secondogenita.

La sala parto non era proprio come la raccontano quelle trasmissioni sui canali tematici (com’è che si intitolano … 24 ore in sala parto o una cosa del genere), non nel senso che fosse peggio, eh: era solo diversa. Forse perché in quel momento di incredibile contatto tra naturale e soprannaturale, eravamo entrambi concentrati sulla nascita che aspettavamo da nove mesi; e non abbiamo notato tanto altro.

C’era un poster sul muro che Eleonora fissava mentre si teneva alle sbarre di un letto quando arrivavano le contrazioni più decise: c’era un super figo, palestratissimo, a dorso nudo che teneva in braccio un bebè. Se lo fanno per stimolare le mamme, ha funzionato; se lo fanno per mortificare i papà, i cui fisici probabilmente nel 98 % dei casi non saranno mai così asciutti come quello del poster, ha ugualmente funzionato. Ma non divaghiamo.

Camilla è nata in ospedale, ma i prodromi sono iniziati a casa, quasi 48 ore prima. Abbiamo scelto di stare un po’ con Gisella (“farci seguire” non ci piace, non è mica un inseguimento o un pedinamento), a casa nostra, in quel particolare momento della vita, quello che un po’ non vedi l’ora che arrivi, un altro po’ sei terrorizzato e un altro po’ che resta, beh: ti senti come se fossi in un limbo, in una nuvola, perché diciamoci la verità: avere un figlio è qualcosa che non trova paragoni in una vita intera, c’è da crederci a chi vi dice che è indescrivibile. Noi tuttavia ci stiamo provando lo stesso, a descrivervelo.

Qualche istantanea di quei momenti? Eleonora che fa un bagno caldo alle 8 di mattina a casa e incredibilmente si addormenta anche, a prodromi iniziati da un po’, per una buona mezz’ora. Christian che prepara pane tostato e due “uova al palet”, per pranzo, immaginando che “l’uovo dà energia”, e mamma e papà si siedono a tavola come un giorno qualunque, mentre Gise molto divertita si gode la scena.

Eleonora e Christian mangiano “l’uovo al palet” a inizio travaglio

E in ospedale … beh Camilla è nata alle 19.35, in pratica in pieno cambio turno, a un certo punto mentre Eleonora spingeva e Christian la sorreggeva da dietro, neanche fosse la prima di un film a Cannes, ci saranno state una dozzina di persone, tra ostetriche, infermiere, assistenti, boh, forse c’era anche il tipo che vende i giornali in ospedale … no vabbè, quest’ultimo non c’era. Ma è per raccontarvi come, in altre circostanze, una cosa del genere, del tutto fortuita fra l’altro, avrebbe scatenato una reazione di indignazione, fastidio, lamentela per la mancanza di privacy o tatto.

E invece … e invece mentre la vita sta generando la vita queste cose sono solo piccole imperfezioni sullo sfondo di un ritratto che sta prendendo forma tra dolore, grida, sudore, cattivi odori, muscoli che fanno male, articolazioni che sembra vogliano cedere, pazienza che sembra finire ma che si rigenera dall’impazienza, forza che rinasce dalla spossatezza e … e quindi tutte parole negative usano questi due genitori mentre parlano del parto? No. Di positiva ne basta una: Camilla.

E’ venuta al mondo col suo peso bello importante lasciando anche qualche autografo di troppo sulla pelle della mamma, ma è stato ed è un miracolo. Per quanto ci si rifletta, la mente umana non è capace di realizzare come sia possibile generare una creatura tanto perfetta. Non è proprio possibile fisicamente e cerebralmente capire come si possa giungere al termine di nove mesi ad aver creato un bimbo o un bimba.

Perdonate se non abbiamo raccontato i dettagli di quanto meravigliosa e importante sia stata la nostra ostetrica nello starci vicini (e lo è stata, credeteci) o non vi abbiamo elencato i motivi per i quali è bene pensare di avvalersi di un’ostetrica a domicilio (già sta frase infatti farebbe passare la voglia solo di pensarci su), ma secondo noi la bellezza del venire al mondo è racchiusa in un racconto breve che più o meno è come quello che avete letto qualche riga più su. E’ la bellezza assoluta che riunisce il nascere, e quindi appunto il venire al mondo, e l’esistere, ovvero l’iniziare a frequentare questo mondo.

A una delle ultime coppie di amici che hanno partorito (è giusto “hanno”, è giusto, fidatevi), abbiamo scritto un sms, in risposta a quello che annunciava la nascita di Chiara, che diceva più o meno così: “Cara Chiara, intanto i complimenti e un sacco di baci alla tua mamma, che ha fatto un lavoro notevole. Anche il tuo papà tuttavia non è male, te ne accorgerai. Benvenuta in questo mondo, a volte sarà dura, altre volte succederanno cose incomprensibili, ma molto presto imparerai ad innamorartene follemente”.

Christian, papà di Andrea e Camilla

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